venerdì 28 settembre 2012

Quel curioso concetto che si chiama libertà...


Non so. La levata di scudi della stragrande maggioranza dei direttori e giornalisti di punta italiani in difesa di Sallusti un po’ mi preoccupa e mi spaventa. Come se in pericolo ci fosse davvero la libertà di opinione e di stampa e il direttore del Giornale fosse l’agnello sacrificale che emenderà questa Italia dal regime totalitario della magistratura rossa.
Personalmente credo che se l’Italia si trova attualmente al 61° posto della classifica di Reporter Senza Frontiere – preceduta da numerosi stati sudamericani, asiatici e africani tra cui la Corea del Sud e la Nigeria – la colpa vada ricercata altrove. E certo la libertà di stampa non si misura con la possibilità di diffamare. Perché, alla fine, di questo si tratta. Le condanne in primo e secondo grado, confermate dalla Cassazione, non sanzionano certo lo stile, il taglio e certe opinioni iperoscurantisti, ultracattolici e vagamente veterofascisti di cui il pezzo a firma Dreyfus (e la scelta dello pseudonimo è quantomeno discutibile) è abilmente infarcito. 
La magistratura ha rilevato che, semplicemente, in quell’articolo sono stati raccontati fatti non veri, anzi smaccatamente falsi. Che non sono, poi, mai stati rettificati dal quotidiano. Poco importa che, con un grandioso coup de théatre e al riparo della sua carica da parlamentare, Renato Farina abbia infine confessato di essere lui l'autore dell'articolo.
Il direttore è e rimane “responsabile”. Fa parte del suo ruolo, è scritto sul colophon. Rientra nello stipendio, profumatissimo, che percepisce. Il direttore detta la politica editoriale. Controlla che i suoi giornalisti si attengano a questa linea. Che rispettino la deontologia professionale. E che quindi, magari, verifichino le notizie prima di darle in pasto alle rotative. Sallusti ha accettato di pubblicare una vera porcata. E ne è responsabile. E ne deve comunque rendere conto. E pagare.
Si può discutere sull’opportunità o meno di mandare in carcere chi si macchia del reato di diffamazione, preferendo multe, ammende, lavori forzati o socialmente utili. Ma resta intatta la responsabilità di chi ha “sbattuto il mostro in prima pagina” senza verificare che esistesse davvero. E questo con la libertà di stampa e di opinione ha ben poco a che vedere. 

3 commenti:

  1. Tutto giusto.
    Aggiungerei un altro paio di leccornie ad una tavola così bene imbandita.

    Primo bocconcino.
    Sallusti non andrà in carcere per la vicenda.

    Altro assaggio.
    Nessuno si è soffermato a valutare gli effetti del reato commesso da Sallusti (o chi per esso, ma abbiamo già definito il ruolo di responsabile dello stesso): dichiarare che una persona è un assassino, nella fattispecie infanticida, oltre a non essere un'opinione, ma un falso, può avere conseguenze gravissime nella vita del diffamato. Siamo un paese, per storia ed attitudine, a cui certo non difetta il fanatismo cattolico. Lo stesso diffamato della vicenda ha infatti ricevuto minacce di morte.

    Altra pietanza che non può mancare in questa tavola.
    Tutti i giornalisti che si stanno schierando a difesa del diffamatore, non si stanno mica battendo per un'estensione del diritto, per esempio rivendendo e armonizzando le pene per il reato di diffamazione. Tutt'altro! Stanno chiedendo che per i giornalisti, e solo per i giornalisti, ci sia l'impunità per tale reato, alimentando ulteriormente il meccanismo di generazione di diritti di casta.

    Buon appetito!

    RispondiElimina
  2. Io dicevo appunto che i ragazzi stranieri del corso mi danno l'impressione di compatire noi italiani "perché sono convinti che i nostri giornali mentano o comunque non ci dicano tutta la verità": parole mie buttate lì in un commento nel mio blog, ma a quanto pare l'impressione è giusta, e i ragazzi non hanno mica torto (non che all'estero queste cose non succedano). Non conoscevo quest'episodio, da un po' non leggo i giornali, ma scoprire che qualcuno si riserva il diritto di manipolare la realtà, non è piacevole. Il Sudamerica è avanti, perché non si adagia, ma si solleva (con questo non voglio istigare alla lotta armata, naturalmente ;) )

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Confermo. Io ho una cara amica in Francia e appena posso la vado a trovare. E ogni volta mi ritrovo a dover rispondere a domande imbarazzanti sul perché la nostra situazione politica e di informazione sia arrivata a questo punto. E io non so bene cosa dire. Anche perché la nostra apatia i francesi non la capiscono. Giusto in questi giorni stanno scendendo in piazza. E sono bravi a farsi sentire. E anche in Spagna protestano. Mentre da noi si fanno le notti in bianco per iPhone5. Evidentemente ci meritiamo i politici e la stampa che abbiamo :-(

      Elimina