Avete presente tutti quei periodici femminili che da marzo
cominciano a fare terrorismo psicologico sulla prova costume per spacciare le
varie diete del minestrone, del riso, del gelato, della pizza, del crodino e del digiuno nei giorni pari ma solo quando il sole è in
trigono con Urano e Saturno in opposizione ai Pesci? Ecco. Io rivedrei il punto
di partenza, ché se una non va al mare o decide di andarci, chessò, ad aprile,
della dieta del finocchio che dura 4 mesi a partire dalla prima domenica di
Quaresima se ne fa ben poco.
No, signori direttori dei femminili. Voi dovete pubblicare
le diete per prepararsi alla prova Natale, magari nella pagina subito prima o
subito dopo quella della ricetta del panettone gastronomico e dell'arrosto
ripieno. Come dire: a Natale te magnerai un bue e se vuoi sperare di rientrare
in quel microbikini che ti sei comprata con i saldi di luglio è meglio che la
dieta la cominci ora, che altrimenti si preannuncia una primavera alquanto
triste.
Tutto questo per dire che mi sono bastate due settimane in
Italia per trascorrere il Natale a vanificare cinque mesi di tapis-roulant
nella palestra aziendale.
Che poi il problema del Natale, se sei un expat, e
specialmente se abiti in Inghilterra, si aggrava ancora di più. Primo perché,
fiaccata da mesi di fish&chips e tristissimi sandwich della mensa
aziendale, non sei più capace di tenere testa a parenti che già normalmente ti
piazzerebbero in mano una teglia di lasagne non appena gli entri in casa mentre
si portano via il cappotto e che quando ti rivedono dopo mesi sono ancora più inferociti nel metterti
all'ingrasso. E quindi: "Vuoi il caciocavallo alla piastra? Ovvio! Vuoi i
carciofini sott'olio fatti da noi? Certo! Ti va una fetta di arrosto? E come
no!".
Secondo perché nei mesi lontani dal suolo patrio hai cominciato a
segnare in agenda tutti quegli alimenti e piatti che nel luogo in cui vivi,
anche con tutta la buona volontà, non riesci a trovare. E infatti quando mia
mamma, già a inizio dicembre, ha iniziato le consultazioni sul menù di Natale,
è partita la sfilza delle richieste: cotechino, carciofi, crema al mascarpone,
e poi andiamo alle Due Colonne che festeggiamo il rinnovo del mio contratto e
magari andiamo a mangiare la pizza al trancio in via Teodosio che me la sogno
di notte...
Insomma, ecco il riassunto di due settimane a Milano: oltre ai già citati, pasta e
ceci, pasta al forno, anelletti alla palermitana, pizza al trancio, stracchino,
salame, testaroli ai funghi, pollo ripieno, focaccia, piadina, bombolone, catalogna,
pasta fresca allo scoglio, tortelli di zucca, spaghetti di soia (no, qui in
Inghilterra apparentemente non li fanno), spritz e 15 mila calorie al giorno
con la scusa del "ma se non lo mangio qui, poi chissà quando mi
ricapita".
Inutile dire che avrei riempito i bagagli di generi alimentari,
e in particolare verdure, non ci fossero stati i limiti di peso di EasyJet e
una dignità da difendere, che l'effetto Totò è sempre dietro l'angolo. Anche se
poi in valigia ci sono comunque finiti due pacchi di biscotti, una torta Ortigara di Asiago, una bottiglia di Ferrari e un barattolo di melanzane sott'olio fatte
dai miei suoceri che, bisogna dirlo, hanno in parte attutito lo shock del
rientro e della pausa pranzo con i sandwich di pollo, a dribblare abilmente le
patatine fritte che da queste parti ti vengono rifilate anche nel porridge a colazione.
On the bright side, come dicono i locali, ho ritrovato la
palestra aziendale, il tapis roulant e una insormontabile distanza geografica
da tutte le ipercaloriche tentazioni culinarie nostrane. E ho un anno di tempo
per prepararmi alla prossima prova Natale.
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