mercoledì 18 aprile 2012

Non pulite questo sangue

In una notte di luglio di 11 anni fa la democrazia è stata brutalmente sospesa. 93 persone sono state massacrate dalle forze dell’ordine all’interno della scuola Diaz di Genova in un episodio che un vicequestore al comando di uno dei reparti del blitz definì “macelleria messicana”. Di quelle 93 persone, chi non ebbe la “fortuna” di riportare lesioni così gravi da dover essere trattenuto in ospedale, venne arrestato e condotto nella caserma di Bolzaneto dove si consumarono ulteriori abusi e umiliazioni. Il tutto "giustificato" da prove che le indagini e i successivi processi hanno dimostrato essere false, fabbricate ad arte. L’esito giudiziario di questa vicenda è stata la condanna di una parte degli agenti che parteciparono al blitz nella scuola, nonché la condanna di poliziotti, guardie, medici e infermieri in forza a Bolzaneto. Condanne lievi, cui sono seguiti ricorsi che probabilmente si concluderanno con la prescrizione dei vari reati commessi. I 93 della Diaz, sospettati di appartenere al blocco nero e per questo arrestati, sono stati invece prosciolti da ogni accusa.
Di questa "morte accidentale della democrazia" esistono poche, quasi nessuna documentazione foto o video. Ci sono testimonianze e articoli e libri (come questo), ci sono stati documentari e servizi tv e speciali che hanno ricostruito quello che accadde in nelle convulse giornate del G8, durante gli scontri di piazza. E da venerdì scorso è nei cinema questo film, che per immagini ricostruisce quanto avvenne all'interno della Diaz e di Bolzaneto.
Non ho le parole per commentare in modo equilibrato un episodio di inaudita violenza che è uscito troppo rapidamente dalle coscienze. Un episodio su cui si sono andati a sedimentare altri casi (Aldrovandi, Cucchi, Uva, Bianzino...), anche questi quasi ignorati e troppo presto dimenticati dall'opinione pubblica. Ma soprattutto sui quali la magistratura non ha saputo dare risposte soddisfacenti e le poche date sono state il frutto della perseveranza e testardaggine delle vittime o dei loro parenti.
Si tratta di vicende che meritano di continuare a stare sotto i riflettori, che se ne continui a parlare e, soprattutto, che si continui a chiedere a gran voce agli organi competenti giustizia vera. Non solo per le vittime di queste violenze, ma anche per se stessi. Perché se si finisce nelle mani dello Stato, colpevoli o innocenti, non si può mai, e in nessun modo, perdere il diritto al rispetto della propria persona, alla salvaguardia del proprio corpo e della propria salute. E soprattutto alla dignità umana.


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