lunedì 5 novembre 2012

Se un giorno, d'autunno...


Quando ho aperto il blog, pensavo che mi sarebbe piaciuto riempirlo di racconti e appunti e foto di viaggio, resoconti da condividere ogni volta fossi andata da qualche parte. E non è stato un caso, dunque, che abbia così inaugurato questo spazio web. Poi però, tra vicissitudini lavorative e familiari, viaggi progettati e poi dovuti annullare, altri post di questo tipo non ce ne sono più stati. Così non vedevo l’ora di raccontare di quest’ultimo fine settimana alla scoperta della Strada del Vino Colli del Trasimeno.
Dell’Umbria, finora, avevo visto solo Perugia, Assisi, Orvieto e Gubbio, mentre la zona del lago non la conoscevo per niente. Sono davvero felice di aver colmato la lacuna. Ho riscoperto i colori dell’autunno nei vigneti già vendemmiati, con le foglie di vite che cominciano a colorarsi di rosso. Mi sono riempita le narici del profumo del mosto e di quello delle foglie bagnate dalla pioggia, dell’aroma dei caminetti accesi dentro i casali di pietra, dell’olio d’oliva e del freddo. Perché anche il freddo ha un suo odore.




Ho assaggiato vini buoni, piatti ottimi, dolci fantastici*. Lo sapete che da queste parti esiste una varietà di fagiolo completamente autoctona, la fagiolina del Trasimeno, e che ci sono agricoltori che la coltivano con amore e passione nonostante produrla sia molto costoso? Ne ho portato a casa un pacchetto e prossimamente la sperimenterò in cucina (ma già l’ho assaggiata e sono rimasta folgorata dal suo sapore).
Ho ascoltato il rumore che fanno gli stivali sulle strade lastricate, il silenzio dei borghi appollaiati in collina e la confusione allegra e rilassante delle piazze e dei locali dove si riuniscono gli abitanti di questi piccoli centri. Ho ascoltato un fantastico concerto blues.
Quello che mi piace di questa regione è quel mix inimitabile e seducente di natura selvaggia accanto a file ordinate di viti e ulivi secolari, di vespe e motocarri parcheggiati sotto gli archi dei borghi medievali. Mi piace il fatto che certe tradizioni vengano mantenute vive e ricordate e celebrate. Il fatto che a ogni angolo si trovino opere d’arte preziosissime, spesso racchiuse negli scrigni di chiese antiche, conventi, cappelle, edicole. Se ne incrociano a ogni angolo e molte, ormai sconsacrate, sono state restituite ad attività civili a cui fanno da affascinante cornice.


Così, nella ex Chiesa di Sant’Agostino (XIII-XIV secolo) di Panicale si trova il Museo del Tulle, mentre poco lontano, nella ex Chiesa del Rosario (XVI secolo) c’è la sede della Scuola del Ricamo su Tulle. Che tra l’altro è la prima e unica scuola di questo genere in Italia, figlia di una tradizione che a Panicale ha storicamente coinvolto le donne del borgo, alcune delle quali tramandano ancora questa particolare arte. Prima si deve disegnare il motivo su carta oleata. Questa, poi, va fissata su carta da pacco, il disegno imbastito e a questo punto si fissa sul lato di carta oleata il tulle, che verrà ricamato seguendo (ma senza toccarlo) il disegno sottostante. Insomma, servono precisione, pazienza. E tempo. Ci hanno mostrato un fazzoletto, splendido, premiato a un concorso internazionale, per il quale ci sono voluti due mesi e mezzo di lavoro. Per dire.


E comunque, posso confessarlo? Mi sono innamorata di Panicale tutta intera. L’ho vista con il buio e sotto una pioggerellina fine, e posso quindi solo immaginare come sia la vista panoramica sul lago che si gode dalla cittadina fortificata. Però il borgo mi ha stregato. Mi hanno stregato le viuzze lastricate e strette tra le antiche abitazioni in pietra, mi ha stregato la grande fontana di travertino nella piazza del comune, mi ha stregato il suo Teatro Caporali, una platea minuscola e tre ordini di palchi per 150 posti in tutto.


Ci ho passato la serata di sabato ad ascoltare un concerto della rassegna Bianco Rosso e Blues** e devo dire che sono rimasta colpita. La struttura, settecentesca, è veramente una bomboniera, ma ciò che lascia stupefatti è il vecchio sipario istoriato, donato alla città dal pittore Mariano Piervittori che nell’Ottocento si trovava a Panicale per lavorare in una casa signorile. Il sipario rappresenta la Consegna delle chiavi della città di Perugia a Boldrino Paneri (un condottiero panicalese che, mi hanno raccontato, fu anche una sorta di Robin Hood locale) e dopo un recente restauro è stato installato come fondale, in modo che sia sempre fruibile.

Infine, ci tengo a segnalare il Museo del Vetro allestito negli edifici dell’antica vetreria di Piegaro, costruita intorno al Seicento e poi ingrandita nell’Ottocento fino a inglobare parte delle mura medievali. Una vetreria in piena regola, con tanto di fornace per fondere il vetro e di ciminiera in mattoni rossi che svetta sul borgo come il campanile di una chiesa, in perfetta armonia con il resto del borgo medievale. Vi si producevano soprattutto fiaschi e damigiane per contenere vino e olio ed è rimasta in funzione fino agli anni Sessanta, quando poi la fabbrica venne spostata fuori del centro abitato. Con la chiusura della vetreria venne perciò spenta anche la fornace e svuotata facendo colare il vetro fuso al piano inferiore attraverso aperture praticate sul pavimento. La colata di vetro fa parte dei tesori del museo ed è un vero e proprio monumento a questa tradizione.
Ci tenevo a segnalarlo perché è un luogo che mi è piaciuto molto. E mi è piaciuto molto perché è piccolo, ben tenuto e diretto da una ragazza a cui si illuminano gli occhi mentre ti guida nelle sale spiegandoti cosa stai guardando. Non solo. Mi è piaciuto soprattutto perché è un bell’esempio di ridestinazione d’uso di un ex spazio industriale. E fa piacere vedere che a volte anche noi italiani siamo capaci di valorizzare il vecchio anziché abbandonarlo al suo destino :-)

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 In foto, nell'ordine: il Trasimeno visto da Castel Rigone; scorci di Castel Rigone; Scuola del Tulle e ricami; la fontana di travertino sulla piazza del comune a Panicale; il Martirio di San Sebastiano affrescato da Perugino all'interno della ex chiesa di San Sebastiano a Panicale; il Teatro Caporali e il sipario di Mariano Piervittori; un momento del concerto della rassegna Bianco Rosso e Blues; Piegaro; alcuni oggetti contenuti nel Museo del Vetro.
* Tra i tanti vini assaggiati mi sono piaciuti moltissimo questo, questo e questo. E una menzione d’onore va al relais dove abbiamo alloggiato, nel quale abbiamo mangiato davvero bene, assaggiando gli umbrichelli col persico del Trasimeno, la torta al testo con i salumi e il salame di cioccolato che, mi dicono, sia dolce nato proprio qui in Umbria.
** La rassegna si tiene ogni anno in autunno e prevede un concerto diverso ogni sabato. Noi abbiamo assistito a quello di Paul Venturi, Max Sbaragli e Stephanie Ghizzoni e il mio giudizio - altamente tecnico - è... porca vacca, che bravi! Soprattutto lei, istintiva, animalesca, sensuale. Il blues non è un genere che frequento abitualmente, ma mi sono goduta il concerto dall’inizio alla fine.

2 commenti:

  1. Ciao Alessandra, sono d'accordo con te. L'Umbria è meravigliosa e qualche anno fa ho percorso la Via del Sagrantino, fra vigneti ancora carichi di grappoli. Mio marito e io siamo sommelier quindi ci siamo sbizzarriti con gli assaggi anche noi :-). Ma vorrei chiederti: hai visto in che stato versa il lago Trasimeno? Se leggi il mio ultimo post capirai a cosa mi riferisco... Un abbraccio

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  2. Ciao Ros, ho letto il tuo post e comprendo bene la delusione per aver visto un lago così bello in quelle condizioni. Io purtroppo non posso portare un'esperienza personale in merito perché il viaggio che ho fatto (ero al seguito di un press tour) non mi ha portato sul lungolago ma solo sulle colline nei dintorni. So che però l'ente Strada del Vino Colli del Trasimeno si sta dando molto da fare per portare turisti e pubblico in loco e per migliorare la ricettività. E questo vale anche per le aziende agricole e agrituristiche della zona. Speriamo che questo significhi anche concrete azioni collettive di salvaguardia del territorio.

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