lunedì 10 febbraio 2014

When I first set a step into Royal Opera House



Last Thursday I finally stepped into the Royal Opera House for the first time. On stage: Giselle.
That's funny. I spent 34 years of my life in Milan and I've been to Teatro alla Scala only once, whilst I've been here for less than five months and I've already attended a Covent Garden ballet. And I'm going again in a couple of months, when maybe there won't be downpours or TFL strikes. This time, they were. And we happily made our way from Paddington station to the theatre by foot. I would have never missed the performance. And once there, I know I would have never missed the theatre itself.
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Giovedì scorso sono finalmente entrata alla Royal OperaHouse per la prima volta. In scena: Giselle.
È curioso. Ho passato 34 anni della mia vita a Milano e sono stata alla Scala solo una volta, mentre sono qui da meno di cinque mesi e ho già visto un balletto a Covent Garden. E ci tornerò nel giro di un paio di mesi, quando magari non ci saranno né il diluvio, né lo sciopero delle metropolitane che ci hanno omaggiato settimana scorsa. Da Paddington station fino al teatro l'abbiamo fatta a piedi ed è stata una bella, lunga passeggiata. Ma per nulla al mondo mi sarei persa uno spettacolo che attendevo da tanto. E una volta lì, ho capito che sarebbe stato imperdonabile anche solo non vedere il teatro.

Unlike the Scala, the building isn't so much catching from the outside. Whilst Scala dominates the piazza, the Royal Opera House's in a narrow street and it's hard to catch a full glimpse of its marble entrance. But, once you're inside you actually realise how big is the place. How magnificent. Breathtaking. The foyer's crowded, suited ushers addressing people to the right corridor or staircase. We go upstairs, as our places are in the Amphiteatre, and we reach the restaurant hall. It must have at least a 10-metre-high ceiling, completely covered by mirrors. And by the huge vault, a large window allow people from the bar to look down to the restaurant.
No surprise there are people taking plenty of picture. I regret not having my reflex with me. At least I have my smartphone.
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A differenza della Scala, la facciata dell'edificio non cattura così tanto l'attenzione. Mentre la Scala letteralmente domina l'omonima piazza, la Royal Opera House si trova in una strada stretta in cui è difficile catturare con un solo sguardo l'imponente entrata marmorea nella sua interezza. Una volta dentro, però, ci si rende conto di quanto sia grande e magnifico, da lasciare senza fiato. Il foyer è affollato Le maschere in eleganti completi indirizzano gli spettatori verso il corridoio o la scala giusta. Noi saliamo, i nostri posti sono nel loggione, e raggiungiamo così la grande sala del ristorante. Deve avere un soffitto alto almeno 10 metri, completamente rivestita di specchi. E proprio in alto, su su, vicino alla enorme volta, una grande vetrata regala alle persone nel bar una splendida vista.
Non c'è da sorprendersi se moltissime persone si fermano a fare fotografie. Rimpiango di non avere con me la reflex. Almeno ho lo smartphone.


And eventually the ballet begins. There's something magic about dance, and above all about ballet. Something that other striking shows don't quite have. I mean, I've seen on stage Cirque du Soleil and Tap Dogs and they're amazing. They do extraordinary performances. But watching them I'm perfectly aware that I will never be able to replicate any of those movements. Any of those stunt or those double-quick tap steps. I can detect the work behind all that. Though well hidden, I can get the superhuman effort.
Whilst watching Lauren Cuthbertson dancing, her pirouettes and écartés and jetés, her port de bras, her grace, they all seem easy done. I don't see the exertion, I hardly can even imagine it . I feel like I could do that, at least for the running time of the performance. Of course I know I can't do the same. Bu, t while the dancers are on stage, looking so naturalI forget that. And when the orchestra stops and the curtains are finally down, I'm only keen on being back on a parquet floor, switch the music on and... just dance.
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E alla fine si apre il sipario. C'è qualcosa di magico nella danza, nella danza classica soprattutto. Qualcosa che in altri spettacoli di maggior impatto faccio più fatica a trovare. Voglio dire. Ho visto esibirsi il Cirque du Soleil e i Tap Dogs e sono incredibili performer. Fanno numeri straordinari. Ma mentre li guardo sono perfettamente consapevole che io non sarò mai in grado di replicare nessuno dei loro movimenti. Nessuna delle loro acrobazie o di quei velocissimi movimenti di claquette. Perché riesco a percepire il lavoro che c'è dietro. A intuire, ancorché ben nascosto, lo sforzo sovrumano.
Mentre guardando danzare Lauren Cuthbertson, le sue pirouette, i suoi écarté e jeté e port de bras, la sua grazia, sembra tutto così facile. Non noto la fatica ma sento quasi che potrei ripetere quei movimenti anche io, almeno finché dura la magia dello spettacolo. Naturalmente so che non è così. So che non sono in grado di fare lo stesso. Ma me ne dimentico quando i ballerini sono su quel palco e sembrano così naturali. E quando alla fine l'orchestra si ferma e il sipario cala, ho solo voglia di una cosa: trovarmi su un parquet, far partire la musica e... semplicemente ballare.

Photo credit: Royal Opera House

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